L’attività di head hunting consiste nella ricerca di personale presente sul mercato occupazionale il quale viene posto a confronto con le esigenze dell’azienda richiedente. L’attività degli head hunter è considerata una vera e propria attività di consulenza destinata alle direzioni aziendali ed è finalizzata alla risoluzione di una specifica richieste dell’azienda committente.
L’head hunter (la cui traduzione italiana è “cacciatore di teste”) è chiamato in questo modo poiché all’interno di segmenti di mercato specifici possiede una rete di relazioni indispensabili per contattare profili manageriali molto qualificati.
La ricerca e selezione di profili manageriali di alto livello viene denominata “Executive Search” oppure “Head Hunting”.
La ricerca di personale attraverso l’head hunting è il canale migliore per acquisire profili manageriali con competenze elevate, che di solito sono già impiegati e non sono necessariamente alla ricerca di un’occupazione specifica.
L’approccio dell’head hunter è molto strutturato in quanto procede per step. La fase iniziale prevede una mirata ricerca di personale sul territorio interessato dalla selezione, attraverso la consultazione di una rete di relazioni.
Solitamente un head hunter si rivolge a potenziali candidati che già svolgono una mansione specifica e posseggono i requisiti di professionalità ricercati. Dopo aver reperito informazioni sufficienti su una rosa di candidati, si passa al contatto diretto. Conseguentemente l’head hunter stilerà una lista delle migliori professionalità individuate da sottoporre all’azienda committente.
Le aziende che si avvalgono dell’intermediazione dell’head hunter scelgono, in questo modo, di affidarsi ad una figura professionale che possiede una conoscenza approfondita del segmento di mercato in cui opera.
La ricerca di personale con il supporto di un head hunter rappresenta una soluzione efficace per le aziende che, beneficiando di questo servizio, entrano in contatto con candidati referenziati e realmente interessati alla posizione trattata.
All’head hunter è altresì demandato il compito di assistere l’azienda cliente nella delicata fase della trattativa e della negoziazione delle condizioni una volta ultimata la ricerca di personale qualificato e scelto il candidato ideale.
La ricerca di personale è quindi un’attività d’importanza notevole in quanto l’azienda cliente nutre giuste aspettative di annoverare in seno al proprio organico del personale manageriale qualificato che possa apportare da subito valore aggiunto.
L’operatività dell’head hunter avviene a completo supporto delle aziende nei progetti di ricerca personale, mettendo quindi a frutto le consolidate capacità di collegamento e matching tra le competenze tecnico-professionali dei candidati e le caratteristiche del settore in cui s’intende collocarli.
L’attività di un buon head hunter si presenta quindi ricca di un patrimonio umano, frutto di diversi contatti e incontri, che s’intreccia in modo determinante con le attese delle varie tipologie di aziende committenti.
Il successo nella ricerca di personale si coniuga così con l’efficienza di un servizio veloce e ben allineato alle esigenze situazionali del cliente. Questo si traduce per l’azienda cliente in un risparmio di costi oltre che di tempo, aspetto fondamentale quanto critico di ogni realtà aziendale.
L’intelligenza artificiale cambia in modo radicale il metodo di tutto il procedimento di ricerca e selezione del personale. Come è emerso dalla ricerca “The future of HR Five Technology Imperatives”, è necessario adattarsi a questo tipo di cambiamento del mercato del lavoro, queste novità tecnologiche danno ai manager nuovi strumenti per fronteggiare questo tipo di trasformazione. (altro…)
La ricerca e la selezione di personale qualificato sono due momenti che rappresentano una fase critica della vita aziendale. Si tratta, infatti, di individuare quei talenti che possono fare un’importante differenza all’interno della realtà organizzativa.
Per capire cos’è l’Employer Branding, conviene partire con una breve premessa. La forza motrice di un’azienda risiede da sempre nel capitale di risorse umane presenti al suo interno. Il talento, l’autonomia, la visione strategica sono tutte qualità che ogni azienda desidera e che sono fonte di grande valore aggiunto per il raggiungimento degli obiettivi aziendali.
Per attrarre dall’esterno attraverso una mirata ricerca di personale qualificato in linea con queste caratteristiche e per fidelizzare quelli già presenti all’interno della struttura, le aziende devono e possono sfruttare le potenzialità del web e della rete per accrescere la propria immagine e il proprio appeal. Tutte le azioni finalizzate a questo scopo rientrano all’interno di una strategia definita Employer Branding.
Viene definita “employer branding” la strategia che permette ad un’azienda di accrescere e rafforzare, coerentemente ai valori propri, l’immagine e l’appeal della stessa sul mercato del lavoro in modo da attrarre e fidelizzare le risorse di maggior talento nella ricerca di personale qualificato, strappandole così alla concorrenza diretta.
Come succede negli acquisti di beni di consumo, in cui spesso la marca veicola aspetti valoriali di rilevanza e di distinzione indirizzando la scelta del consumatore, così l’employer branding ricalca le stesse logiche per indirizzare la scelta della forza lavoro di talento verso il posto di lavoro.
È infatti considerata a tutti gli effetti una vera e propria strategia di marketing: in quanto tale la visione strategica non deve essere solo considerata ai fini di una specifica ricerca di personale qualificato, anzi tutt’altro. È a tutti gli effetti uno strumento utile ad accrescere l’immagine tout court dell’azienda a supporto delle più ampie politiche di brand management.
Le azioni di retention e engagement finalizzate al mantenimento in azienda del patrimonio umano di talento, definito employer branding interno, unitamente alle campagne di attraction e recruiting advertising per la ricerca di personale qualificato, con lo scopo di attrarre dall’esterno i talenti più interessanti, sono le due macro aree alla base della strategia di employer branding.
Utilizzando queste due forme di marketing si avrà la possibilità di sfruttare le enormi potenzialità comunicative in modo da trasmettere con maggior forza l’immagine e la percezione nel mercato globale.
La strategia in quanto comunicazione di marca deve essere sviluppata coerentemente alla brand identity aziendale, fungendo così da cassa di risonanza con un vantaggio ambivalente: una strategia di employer branding integrata ed in linea con la brand strategy aziendale non solo sarà strumento di appeal e attrazione nella ricerca di personale qualificato in cerca di lavoro ma accrescerà al tempo stesso anche la più complessiva vision del brand in un circolo virtuoso con estreme possibilità di sviluppo.
Per indirizzare con forza e precisione il messaggio comunicativo strategico di employer branding esistono agenzie del lavoro che, grazie al know how raccolto in anni di esperienza, sanno individuare le migliori soluzioni in base al target e alle modalità di uscita sul mercato nella ricerca di personale qualificato che l’azienda ritiene opportune.
Esistono diversi metodi che aiutano ad accrescere l’appeal aziendale in ottica di employer branding: innanzitutto l’advertising on line su siti di recruiting e di settore con la creazione, ad esempio, di una vera e propria campagna pubblicitaria e di una pagina aziendale ad hoc in cui riportare mission, valori e obiettivi condivisi che identifichino con maggior dettaglio le linee guida interne.
Non solo: lo sfruttamento dei social network o la partecipazione e sponsorizzazione a sessioni di job career possono essere da supporto all’attività mirata e di successo per la ricerca di personale qualificato di talento.
L’attività di Ricerca Quadri e Dirigenti richiede prima di tutto l’individuazione e la scelta del giusto partner a cui affidare il progetto di ricerca e selezione. È necessario ricordare e sottolineare che solamente le società autorizzate dal Ministero del Lavoro ai sensi del D. Lgs. 276/2003 possono svolgere attività di ricerca e selezione di personale.
È nostra intenzione fornire in questo articolo alcuni consigli basilari per scegliere la società di recruiting che può soddisfare al meglio le necessità di chi ricerca quadri e dirigenti qualificati.
La Ricerca di Quadri e Dirigenti può essere supportata dall’impiego di Cacciatori di Teste, ovvero da quelle figure professionali in grado d’assistere le aziende nel difficile compito di ricercare e selezionare profili manageriali.
Non tutte le società che si occupano di ricerca e selezione di personale sono specializzate nella Ricerca di Quadri e Dirigenti. Infatti ci sono società che sono specializzate esclusivamente nella ricerca e selezione di determinati profili professionali o che operano esclusivamente in segmenti di mercato specifici oppure esclusivamente in alcune aree geografiche. Pertanto, prima di affidare qualsiasi incarico, è buona norma comprendere quali sono le esperienze professionali maturate da una società di recruiting nella ricerca e selezione di profili manageriali.
Dopo aver individuato il partner potenziale a cui affidare il progetto di Ricerca Quadri e Dirigenti, è opportuno stimare e valutare le caratteristiche e l’entità della rete di relazioni che la società di recruiting prescelta ha coltivato nel tempo operando entro un determinato settore di mercato. L’estensione del bacino di candidati potenziali a cui attingere per completare un progetto di ricerca e selezione è fondamentale, sopratutto quando è necessario rispettare scadenze improrogabili, che ovviamente dovrebbero essere chiarite il prima possibile.
Prima d’iniziare qualsiasi progetto di ricerca e selezione è essenziale redigere una Job Description chiara ed esaustiva. Terminato questo compito, è importante concordare gli strumenti ed i criteri di selezione che s’intendono adottare per individuare i profili manageriali che hanno i requisiti professionali maggiormente rispondenti alla Job Description. Un confronto tra cliente e società di recruiting in merito agli strumenti ed ai criteri di valutazione e selezione da utilizzare può risultare benefico per entrambi i soggetti.
L’esperienza che un cacciatore di teste ha maturato in un determinato segmento di mercato può facilitare la ricerca e selezione di candidati qualificati. Infatti, per la Ricerca di Quadri e Dirigenti con skill tecniche e/o tecnologiche molto specifiche, è necessario valutare l’opportunità d’ingaggiare Cacciatori di Teste che hanno acquisito un background d’esperienze o conoscenze settoriale.
Per ulteriori chiarimenti relativi alla figura professionale del Cacciatore di Teste, vi invitiamo a leggere anche questo articolo: la ricerca di personale per investire in talento e competenze.
Nella speranza che i consigli forniti siano stati utili, vi ricordiamo che per richieste di preventivo rimaniamo a Vostra disposizione per qualsiasi informazione.
Il processo di selezione del personale attraverso l’utilizzo di risorse informatiche e, nello specifico, di internet è definito e-recruitment (o Digital Recruitment). Le aziende e le agenzie di reclutamento, nel corso degli ultimi anni, hanno spostato gran parte del processo per la ricerca di personale qualificato on-line, in modo da rendere più efficiente l’intero processo di selezione, aumentando così la velocità di contatto tra azienda e candidati.
Attraverso le tecnologie di database e di job posting nella rete, i datori di lavoro, grazie all’intermediazione delle agenzie di reclutamento, possono soddisfare le esigenze di staffing in modo più veloce, a differenza di ciò che avviene con le tradizionali fonti di ricerca. Inoltre, i metodi convenzionali di ricerca personale sono noti come altamente costosi e geograficamente limitati.
Per questa ragione le aziende che si rivolgono ad un’agenzia di recruiting traggono vantaggio da molti aspetti. Come detto la capacità comunicativa della rete viene sfruttata appieno per entrare in contatto con una moltitudine di candidati e dei loro curriculum vitae. Non solo: le agenzie per la ricerca di personale qualificato utilizzano software ad hoc per supportare l’attività di selezione del personale. Molto spesso questi applicativi permettono di gestire la pubblicazione degli annunci in maniera centralizzata e mirata al target di riferimento, di coordinare la ricezione dei curriculum in modo da velocizzare le attività di screening focalizzandosi solo sui profili interessati ad aderire alla posizione vacante.
L’assunto il tempo è denaro, grazie all’e-recruiting, diventa concretezza. Il minor tempo necessario per l’acquisizione di candidature sarebbe già da solo veicolo sufficiente per spostare l’attenzione e gli investimenti dalle tradizionali forme di ricerca di personale verso le più moderne forme online. Le agenzie per il lavoro specializzate nella ricerca di personale operano come filtro fiduciario, grazie al know-how e all’expertise raccolto in anni di attività nel settore, che permetterà di centralizzare in modo maggiormente efficace ed efficiente tutte quelle attività necessarie a supporto di una valida e mirata ricerca di personale. La possibilità di utilizzare form di candidatura disegnati grazie all’esperienza maturata dall’agenzie per il lavoro permettono all’azienda di ricercare in modo mirato caratteristiche di rilievo per la figura professionale d’interesse.
La scelta da parte delle aziende di rivolgersi alle agenzie per il lavoro fonda la sua ragione nella possibilità di usufruire di moderni e strutturati strumenti di e-recruiting per attrarre personale qualificato. Questo aspetto si concretizza in termini di saving, come ad esempio la possibilità di ridurre il time to hire o i costi reali connessi alla ricerca e alla selezione del personale, ma non solo. Le agenzie che utilizzano moderni strumenti di e-recruiting possono offrire un’ottima visibilità degli annunci, potendo sfruttare un vasto network di canali su cui veicolare, con precisione e puntualità, i desiderata di ogni cliente.
Rimaniamo a Vostra disposizione per fornirvi ulteriori informazioni in merito agli strumenti di e-recruiting utilizzati dalla nostra società.
La metodologia di selezione del personale da parte dei recruiter avviene in diverso modo utilizzando strumentazioni differenti, soprattutto digitali (si parla, in tal senso, di Digital Recruiting). Ai procedimenti definibili come “classici” si aggiungono delle vere e proprie strategie di selezione per così dire innovative, la cui novità consiste nell’interattività della ricerca e nella versatilità degli strumenti adoperati. Il social recruiting, letteralmente “reclutamento sociale”, consiste nella ricerca, nell’analisi e nella valutazione dei candidati attraverso l’uso dei social network.
Il termine inglese “onboarding” indica il processo d’inserimento di nuovo personale all’interno di una realtà lavorativa, riferendosi ad una delle best practice fondamentali per un’ottimale accoglienza in azienda.
Integrare in maniera costruttiva i neo-assunti nell’organizzazione di un’azienda di qualsiasi tipo costituisce un problema di notevole rilevanza. Sembra un paradosso se relazionato alle grandi difficoltà che i neo-laureati sono costretti ad affrontare nella ricerca di un’occupazione, ma i problemi d’inserimento rappresentano una realtà tanto sottostimata quanto rilevante.
Una corretta strategia di onboarding deve quindi riassumere un giusto mix tra formazione tradizionale ed occasioni personali per essere in grado di fornire al nuovo arrivato tutti gli strumenti necessari per affrontare al meglio il suo percorso lavorativo.
Nelle prime fasi d’inserimento, il ruolo più significativo è quello che riguarda il rapporto tra neo-assunto ed il proprio manager, la figura di riferimento maggiormente incisiva e condizionante sul proseguimento del contratto. Secondo alcuni osservatori: “Si entra in azienda per il brand e si esce per il capo”.
Infatti l’ingresso in una realtà lavorativa non deve venire considerato come un processo di omologazione, ma di integrazione tra un individuo ed i suoi simili. In tal senso la figura del manager assume un’importanza fondamentale, poiché soltanto se si realizza una reciproca empatia, diventa attuabile la migliore espressione delle potenzialità professionali, mediante il giusto know-how necessario per dare inizio al rapporto.
All’interno di numerose aziende si sta diffondendo una nuova figura di riferimento per i lavoratori appena assunti: si tratta del “buddy”, un mentore che viene affiancato al neo-assunto nelle prime settimane di lavoro allo scopo di facilitarne l’inserimento.
L’onboarding svolge l’importante compito di accogliere nella maniera migliore i neo-assunti all’interno di una realtà lavorativa, nella prospettiva di un rapporto professionale duraturo e soddisfacente.
Nell’attuazione di tale strategia è necessario investire tempo e risorse umane per trasmettere ai nuovi assunti tutte le competenze utili e contemporaneamente assicurare loro un giusto inserimento nei quadri operativi, garantendo l’instaurarsi di rapporti interpersonali idonei a farli sentire parte integrante di un team. Un inserimento ottimale assicura un incentivazione della produttività e quindi dei profitti aziendali.
Per impostare una valida strategia è necessario fissare alcuni punti di partenza, che sono:
– organizzare scrupolosamente gli impegni per non lasciare tempi morti al nuovo assunto;
– coinvolgere il più possibile il dipendente fin dalle prime settimane di impiego;
– concedere pieno accesso a tutte le informazioni e alle risorse che l’azienda offre;
– offrire tempistiche dilatate senza fretta per realizzare una gradualità indispensabile al processo di avviamento professionale;
– coinvolgere colleghi e management durante le varie tappe della fase di onboarding per creare un network ottimale tra tutti i dipendenti;
– controllare costantemente i risultati ottenuti per modificare le strategie operative qualora non si rivelassero efficaci.
Di solito è necessario preventivare un tempo di almeno tre mesi per realizzare un onboarding che porti a risultati tangibili; mentre ancora oggi diverse aziende dedicano pochi giorni a tale processo. Investendo maggiore tempo per la gestione dell’inserimento del personale è possibile creare dei percorsi specifici che, tenendo conto della caratteristiche personali dei neo-assunti, offrono vie preferenziali verso una migliore produttività aziendale.
“Onboarding Strategy”, la strategia finalizzata al corretto inserimento del personale nei quadri aziendali, si realizza secondo tappe successive:
– fase preparatoria (i responsabili dell’accoglienza devono preparare tutta la documentazione necessaria al neo-assunto prima che si verifichi il primo incontro);
– fase di accoglienza (è necessario personalizzare l’accoglienza in base al carattere dei singoli individui ed anche alle loro esperienze pregresse);
– fase di socializzazione (in occasione di ogni nuovo inserimento è indispensabile incentivare la socializzazione tra colleghi e nuovo arrivato, di solito organizzando occasioni conviviali tra membri del medesimo team);
– fase propositiva (i responsabili della risorse umane hanno il compito di seguire il percorso lavorativo del neo-assunto, proponendogli regolari incontri per monitorare l’evolversi della situazione operativa).
Si tratta di un sistema che ha lo scopo di incrementare l’efficacia del processo d’inserimento abbreviando i tempi richiesti ed incentivando la produttività. Molte aziende si sono orientate in questo senso per migliorare il proprio business sfruttando i seguenti vantaggi:
– riduzione dei costi di formazione del personale;
– incremento delle performance operative;
– diminuzione del turnover dei dipendenti;
– centralizzazione di risorse ed informazioni;
– potenziamento della produttività;
– miglioramento generalizzato delle performance.
Secondo numerosi dati statistici, i dipendenti che hanno seguito un programma di onboarding ben strutturato hanno quasi il 70% di probabilità in più di rimanere in azienda per almeno tre anni, rispetto a chi non ha completato tale formazione. Un percorso progettato in maniera adeguata offre quindi alle aziende l’opportunità di inserire i nuovi assunti nei suoi quadri, incentivando le singole potenzialità professionali, con conseguenti vantaggi sia per il dipendente che per l’azienda stessa.
A fronte di un iniziale investimento economico è quindi preventivabile un vantaggioso rientro in termini economici che solitamente si realizza con tempistiche piuttosto brevi.
All’interno delle PMI è sempre più richiesta la figura del Temporary Export Manager, un esperto che offre le proprie conoscenze e competenze per permettere alle aziende di esplorare i contesti internazionali al fine di trovare nuove opportunità e nuovi mercati all’interno dei quali potersi espandere.
Come si può comprendere dal nome, il Temporary Export Manager è solitamente un libero professionista con un incarico a termine, per un periodo che va dai sei ai dodici mesi, rinnovabili, in casi particolari, fino a due-tre anni.
In questi periodi, il Temporary Export Manager potrà mettere in pratica tutte quelle strategie di internazionalizzazione necessarie all’azienda per la quale opera e alla quale mancano le competenze per poter procedere autonomamente.
Non sempre, infatti, la volontà di espandersi in un mercato estero coincide con la reale possibilità di dare vita a tale espansione: spesso mancano le competenze e proprio in questi casi diventa fondamentale il ruolo del Temporary Export Manager, che avrà lo scopo di valutare tutte le variabili e le caratteristiche dell’azienda e analizzare quale sia la sua reale possibilità di investimento e inserimento nei mercati esteri.
Per poter svolgere al meglio il proprio ruolo di Temporary Export Manager, è necessario essere in possesso di una serie di requisiti e competenze, tra cui:
In questo articolo spieghiamo quali sono i principali criteri per la ricerca di un Export Manager.
Il ruolo del Temporary Export Manager è quello di internazionalizzare l’azienda. Per questo motivo, le sue competenze nel campo del marketing internazionale rappresentano non un vantaggio, ma una necessità fondamentale, una conditio sine qua non per lo svolgimento del lavoro in maniera corretta, professionale e, soprattutto, di successo.
Il Temporary Export Manager dovrà saper studiare in profondità il mercato verso il quale punta l’azienda, comprenderne gli aspetti generali e specifici, i punti di inserimento e le peculiarità che permettono un approccio sicuro.
Il Temporary Export Manager deve realizzare le sue ricerche, gli studi di mercato e le analisi in tempi brevi, fornendo quanto prima all’azienda che lo ha ingaggiato informazioni concrete sul possibile successo dell’ingresso in determinati mercati internazionali. Il tutto, partendo spesso da informazioni completamente nuove, ossia non conoscendo la realtà aziendale nella quale ci si trova a lavorare.
Il Temporary Export Manager deve essere in grado di svolgere il proprio lavoro nel periodo definito dal suo incarico di lavoro e con la massima precisione e deve anche saper gestire un gran numero di informazioni e di problematiche strettamente connesse ai mercati esteri.
Proprio per questo, per mantenere il rispetto dei tempi, degli impegni, per garantire la corretta valutazione di dati e informazioni, è necessaria una persona altamente professionale e qualificata, che conosca il suo lavoro e tutte le metodologie necessarie per svolgerlo al meglio.
Il successo del lavoro del Temporary Export Manager dipende anche dall’apertura dell’azienda verso le metodologie applicate da questa figura professionale e, proprio per questo motivo, la condivisione dei metodi di lavoro, l’interfaccia continua e la fiducia diventano fondamentali per ottenere risultati rapidi e significativi.
Va sempre ricordato, infatti, che il lavoro del Temporary Export Manager va svolto insieme allo staff aziendale, con il quale vengono selezionate le strategie, le politiche e le linee di azione più idonee all’azienda tessa, agli strumenti di cui essa dispone e alle sue risorse, economiche e umane.
Tra le maggiori necessità professionali di un Temporary Export Manager vi è sicuramente quello di saper gestire al meglio la comunicazione, sia verso l’imprenditore e tutto lo staff aziendale con il quale si interfaccia, sia verso l’esterno, ossia verso i mercati ai quali ci si rivolge.
Se da un lato, infatti, il ruolo del Temporary Export Manager è quello di saper effettuare analisi dei mercati per riconoscere le possibilità di inserimento e di realizzare uno studio approfondito della concorrenza e dei potenziali clienti, dall’altro lato sono necessarie importanti doti di comunicazione per poter garantire il corretto flusso di informazioni da e verso l’azienda.
Quando si parla di comunicazione, naturalmente, non si intende solo la comunicazione verbale, ossia la corretta proprietà di linguaggio, sia generale che tecnico, ma anche tutti quegli aspetti che permettono di entrare in sintonia con l’azienda e con i clienti. La corretta comunicazione, supportata da studi analitici precisi e aggiornati, diventa infatti la chiave per incrementare le possibilità di vendita.
Strettamente connesse alle competenze nella comunicazione vi sono quelle linguistiche. Un Temporary Export Manager, infatti, non può basare le proprie competenze esclusivamente sul settore economico e marketing, ma deve anche avere elevate competenze linguistiche e questo per due motivi.
Il primo è che opera nei mercati esteri e pertanto è impensabile che possa lavorare e interfacciarsi senza conoscere la lingua del mercato nel quale vuole inserirsi. Sicuramente la conoscenza dell’inglese è fondamentale, potendo in molti casi essere considerata una lingua universale; tuttavia avere padronanza di altre lingue, in particolare di quelle parlate nei mercati nei quali ci si vuole inserire, può garantire maggiori possibilità di successo nelle vendite, permettendo una più corretta comunicazione.
Va poi sottolineato che la maggior parte delle informazioni relative allo studio e all’aggiornamento nel settore economico e, soprattutto, ai mercati esteri, è scritta in inglese per cui la conoscenza della lingua diventa non solo un importante strumento di comunicazione, ma anche di studio e di aggiornamento continui.
Ci auguriamo che questo articolo sia stato di vostro gradimento e per ulteriori chiarimenti potete sempre scriverci: in**@ea********.it.
La figura del Temporary Export Manager ha il compito di accompagnare l’azienda verso nuovi mercati, che sconfinano i limiti del territorio nazionale. Tale manager, però, oltre ad un vantaggio dal punto di vista dell’accrescimento del livello aziendale, comporta ulteriori dettagli favorevoli all’impresa, che devono essere noti a coloro che intendono perseguire l’idea di internazionalizzarsi.
Il primo vero vantaggio in favore dell’azienda è insito nel concetto stesso di Temporary Export Manager. Trattandosi di una professione con una durata limitata e prefissata in un arco temporale breve, l’azienda non dovrà supportare gli oneri relativi ad una sua assunzione.
Questa figura emergente ha la funzione di esplorare i mercati esteri che risultino essere appropriati e in linea con la strategia produttiva della piccola e media impresa cui assiste, la quale non è in possesso né delle competenze né delle risorse per espandersi, da sola, verso tali mercati. Talvolta l’esportazione, nota anche come outsourcing, non è conveniente alla PMI, sia perché incompatibile coi mercati, sia perché non incline a questo tipo di attività. A volte, invece, nonostante vi siano tutte le premesse per lavorare bene anche in relazione con il mercato estero, la compatibilità tra impresa e Temporary Export Manager non è elevata e, dunque, la riuscita e l’efficacia dell’operazione potrebbero non essere assicurate. Proprio per questo è importante saper scegliere bene la figura professionale del Temporary Export Manager: esso deve essere incline ad immedesimarsi nell’organizzazione aziendale presente e seguirne il metodo di lavoro; d’altra parte, l’azienda deve fidarsi delle scelte e delle decisioni intraprese da questo particolare manager, e tenersi pronta ad esplorare mercati sconosciuti e metodi di lavoro innovativi. La figura del TEM è una figura dinamica. Per questo è spesso rappresentata da giovani laureati, che abbiano già un’esperienza almeno biennale in questo ambito economico. Inoltre, come requisito fondamentale, il Temporary Export Manager dovrebbe essere a conoscenza di almeno due lingue straniere, di cui una deve essere certamente l’inglese.
Il rapporto di lavoro che si instaura tra la piccola-media impresa che ha deciso di effettuare questo passo di internazionalizzazione della propria attività abituale e il Temporary Export Manager, come dice la dicitura stessa, è temporaneo. Questo significa che il TEM, nell’arco di due anni, o al massimo tre, deve riuscire a creare un ufficio aziendale che si occupa della gestione del mercato estero. Tale ufficio, una volta che risulta essere ben avviato, autonomo e funzionale, viene affidato completamente all’impresa, che dovrà essere in grado di internalizzarlo, sia dal punto di vista gestionale che da quello organizzativo. Se la società risulta essere sana e volenterosa, l’implementazione di questo nuovo ufficio e della nuova metodologia lavorativa potrebbe avvenire anche in pochi mesi. Molto dell’efficienza di questo ufficio commerciale dipende dalla capacità del manager di apportare dati utili. Il suo know-how, le banche dati apportate, gli strumenti necessari e persino le partnership devono essere collaudate pensando a quale sia la scelta migliore per la piccola-media impresa, e il metodo deve essere quello più funzionale, efficiente e adattabile alla metodologia lavorativa già presente all’interno dell’azienda. Nello specifico, il know-how importato dal manager è già customizzato verso determinati settori specifici, mentre le partnership risultano essere molto importanti per la piccola-media impresa, sia dal punto di vista legale, che di quello logistico, senza dimenticare la parte relativa all’interpretariato e su di esse si fondono le basi per la costruzione della relazione col mercato estero scelto per tentare l’approccio dell’esportazione. Al Temporary Export Manager è richiesto inoltre di apportare all’impresa strumenti che consentono di velocizzare i processi di vendita. Tutte queste innovazioni e future possibilità non sarebbero efficienti, e forse neanche possibili, se gestite direttamente dalla sede della PMI, tramite connessione in remoto. Il lavoro sul campo in queste particolari situazioni, infatti, è fondamentale per raggiungere gli obiettivi prefissati, per ottenere una maggiore efficacia dell’implementazione che si vuole delineare, ma soprattutto per stare a stretto contatto coi potenziali clienti futuri e conoscere in modo diretto i potenziali concorrenti. Solo in questo modo il manager sarà in grado di studiare le strategie di mercato migliori per l’impresa, che devono essere messe in atto a seconda dei vari scenari economici futuri che si prospetteranno, sia per l’acquisizione di clienti che come risposta alla controffensiva dei concorrenti già presenti all’interno del mercato stesso.
La figura del TEM, dunque, ha il compito di accompagnare l’azienda verso nuovi mercati, che sconfinano i limiti del territorio nazionale. Tale manager, però, oltre ad un vantaggio dal punto di vista dell’accrescimento del livello aziendale, comporta ulteriori dettagli favorevoli all’impresa, che devono essere noti a coloro che intendono perseguire l’idea di internazionalizzarsi.
Il primo vero vantaggio in favore dell’azienda è insito nel concetto stesso di Temporary Export Manager. Essendo essa una professione con una durata limitata e prefissata in un arco temporale breve, l’azienda non dovrà supportare gli oneri relativi ad una sua assunzione. Il primo vantaggio, dunque, risulta essere un risparmio economico per la piccola-media imprese da non sottovalutare.
Il secondo vantaggio, invece, riguarda l’accrescimento formativo e professionale che si riflette nel personale dipendente aziendale nel seguire le orme e le modalità di svolgimento del lavoro di questo speciale manager.
Alla figura del Temporary Export Manager, naturalmente, non sono collegati solamente aspetti positivi, ma anche quelli negativi.
Innanzitutto, il Temporary Export Manager per svolgere il proprio lavoro nel migliore dei modi, al fine di ottenere risultati eccellenti per la piccola-media impresa, richiede di viaggiare tanto. I viaggi di lavoro, dalla sede dell’azienda per cui lavora alle vari sedi dei clienti o verso l’ufficio commerciale sito all’estero che risulta essere ”pertinenza” della piccola-media impresa, sono necessari, per non dire obbligatori. Naturalmente le varie spese di viaggio, di vitto e di alloggio devono essere necessariamente sostenute dall’azienda. Per una piccola impresa questo fattore potrebbe influenzare negativamente il bilancio annuale, a seconda delle entità dei redditi con cui deve fronteggiare tali costi. Tale scenario negativo si amplia sempre più se, inoltre, non arrivano i risultati sperati dall’attività di esportazione e dalla ricerca di nuovi clienti per l’impresa.
Il secondo svantaggio è riscontrabile solamente in quelle piccole-medie imprese che non hanno un numero sufficiente di dipendenti assunti e, dunque, non sono in grado di affiancare alcun subordinato alla figura del manager. In questo caso, se i risultati del TEM sono positivi, l’impresa si troverà di fronte ad un bivio: assumere il manager e continuare l’attività di esportazione che ha comportato benefici all’azienda o portare definitivamente a termine questo settore?
All’interno di un’azienda, indipendentemente dalle sue dimensioni e dal settore merceologico che tratta, riveste un ruolo strategicamente rilevante e spesso decisivo, la motivazione del personale dipendente: un gruppo di dipendenti motivati a svolgere il proprio lavoro consente infatti di massimizzare la produzione e di evitare errori e tempi morti durante lo svolgimento delle proprie funzioni.
Il nodo cruciale è interpretare la questione della motivazione del personale non tanto sotto il profilo del comportamento del singolo individuo, quanto piuttosto dal punto di vista di chi, come ad esempio un dirigente, deve motivare il personale a lui affidato.
Il primo passo in questo senso è quello di far coincidere gli interessi di un’azienda con gli interessi personali dei propri dipendenti: in tal modo il team si muoverà come un unico soggetto, spinto dalla stessa forza e focalizzato sullo stesso target.
Questo ragionamento vale ancora di più in tempi incerti come quelli che stiamo vivendo: con un mercato del lavoro contraddistinto dall’estrema flessibilità, avere un personale motivato può segnare la differenza tra un’impresa efficiente ed un’azienda statica che subisce il mercato. È proprio in questo senso che bisogna leggere la questione relativa alla motivazione del personale, essa rappresenta un modo per dare competitività all’impresa.
Per capire in cosa consiste e cosa bisogna effettivamente intendere con il termine motivazione, dobbiamo innanzitutto fare riferimento alla composizione lessicale del termine stesso, derivante da due distinte parole, motivo e azione.
Così scomposta la parola lascia intendere senza troppi sforzi di come la motivazione sia null’altro che l’insieme dei motivi che spingono un individuo a compiere certe azioni pratiche. In tal senso la motivazione può essere vista come l’insieme degli obiettivi personali che spingono un individuo, in questo caso un lavoratore, ad impegnarsi a compiere determinati comportamenti.
In quest’ottica appare chiaro il quadro delle motivazioni: in primis dipendono dalla personalità stessa di un individuo, dalla sua attitudine a compiere azioni con senso del dovere e della responsabilità: un buon lavoratore, da sempre, è una persona ligia al proprio dovere nei confronti della sua azienda. Tuttavia il mercato del lavoro sempre più flessibile e frastagliato impone modelli motivazionali diversi, come ad esempio la capacità e la volontà di affermarsi professionalmente, e non ultimo il lato economico.
Nella storia dell’uomo il denaro è stato sempre un veicolo in grado di motivare un individuo, tuttavia l’esperienza dei datori di lavoro dimostra che un elemento essenziale per motivare il lavoratore risiede nel dargli felicità: un lavoratore che al mattino sarà felice di andare a svolgere il proprio compito, sarà un lavoratore produttivo e motivato.
Se si desidera motivare il proprio personale e renderlo produttivo è necessario partire innanzi tutto dall’allineamento degli obiettivi dell’azienda e personali del lavoratore: se si va tutti nella stessa direzione è possibile dare una spinta maggiore e più forte alle proprie attività.
Tale necessità viene resa ancor più impellente dal mondo del lavoro così come oggi è strutturato, in questo senso il binomio flessibilità-incertezza grava come un macigno sulle spinte motivazionali dei lavoratori. P
ensare di lavorare su un progetto, terminato il quale viene meno il rapporto con un’azienda, è un ostacolo non da poco rispetto alla capacità di motivare un individuo. Questo modello infatti sbatte contro la prassi dei lavoratori di trent’anni fa, in quel periodo infatti, l’ambizione del lavoratore era quella di fare carriera dentro un’azienda, migliorando il proprio ruolo e la propria posizione economica.
È proprio per questo motivo che appare sempre più indispensabile, per le aziende, condividere con il personale un obiettivo a medio e lungo termine, affinché i lavoratori percepiscano che si naviga tutti sulla stessa, famosa, barca; che il successo aziendale è il successo del lavoratore e che, anche in caso di interruzione della collaborazione, il lavoratore potrà trattenere dei benefici dall’esperienza compiuta.
Il primo passo per un dirigente aziendale è senza alcun dubbio quello di dare il buon esempio: da che mondo è mondo l’essere umano ha bisogno di una guida, tale necessità si rende ancor più impellente nei momenti di grave crisi e di incertezza come quello che stiamo vivendo.
Una guida, che attraverso i suoi comportamenti possa contribuire a focalizzare l’immagine su come comportarsi all’interno di un’azienda, può essere vista come l’esempio da seguire per i lavoratori. Un po’ come i bambini che imparano guardando i propri genitori, allo stesso modo un lavoratore si comporterà seguendo l’esempio dei propri dirigenti. Tanto per fare qualche esempio se si vuole avere dei dipendenti puntuali, bisogna essere puntuali più di loro, se un lavoratore vede il proprio capo arrivare in anticipo, lo prenderà da esempio e ne ripeterà i comportamenti.
Così come i comportamenti sono estremamente importanti, lo stesso vale per la comunicazione interna all’azienda: molti dirigenti si affidano ancora a metodi ormai superati, dimenticando che la comunicazione oggi vale davvero molto. Saper comunicare come un leader e non come un capo, può fare la differenza con i propri dipendenti: è infatti necessario essere quanto più possibile lineari e trasparenti, ed avere molto tatto con ogni persona. In quest’ottica risulta molto importante adottare un linguaggio consono alle situazioni, evitando espressioni che possono indurre paure nei confronti dei dipendenti, e cercando invece espressioni quanto più positive possibile.
Dicevamo poc’anzi dell’importanza di allineare gli obiettivi personali a quelli aziendali, in questo senso per una dirigenza consapevole del proprio ruolo e decisa a motivare il proprio personale, è necessario attivare con i propri dipendenti un processo di feedback, con il quale fornire le informazioni aziendali che sono conseguenza dell’azione e di un comportamento dei lavoratori.
Questa necessità deriva da una caratteristica innata dell’essere umano, quella cioè di ottenere riscontro delle proprie azioni: per un dirigente accorto e le cui azioni sono tese a motivare i propri dipendenti, è d’obbligo fornire a questi ultimi un riscontro effettivo e puntuale del loro lavoro. Avere consapevolezza di cosa si è riusciti a produrre è un incentivo a migliorare i propri standard lavorativi.
In tal senso appare di estrema importanza comunicare dicendo sempre la verità: fornire informazioni errate o distorte, è molto peggio di non comunicarle affatto. Il dipendente che si accorge di aver ricevuto un’informazione errata avrà una percezione molto negativa della sua azienda e dei propri dirigenti, e non sarà motivato a lavorare di più e meglio.
È importante motivare le persone anche attraverso piccole azioni di elogio pubblico ed attraverso premialità che non necessariamente debbano essere un benefit economico: ciò che è fondamentale è saper coinvolgere l’intero gruppo in questo sistema.
Organizzare piccole riunioni in cui vengono espressi gli obiettivi e festeggiare insieme all’intero team il loro raggiungimento crea e salda lo spirito di squadra, evitando gelosie e frizioni tra i lavoratori. In questo senso è utile ricordare come un team che lavori unito sia decisamente più produttivo e motivato di un insieme di persone in cui ognuno fa la sua parte chiuso nella propria stanza e senza conoscere il lavoro svolto e i risultati ottenuti dall’intera squadra.
Nella speranza che il presente articolo sia stato di vostro gradimento, rimaniamo a disposizione per ulteriori chiarimenti in merito. Per qualsiasi necessità, potete sempre scriverci a in**@ea********.it.
L’Area Manager è una figura professionale complessa: chi si candidata per questo ruolo deve essere in grado di gestire le vendite, di far fronte alla concorrenza, di comprendere le necessità dei clienti e far coincidere il tutto con le strategie e le esigenze aziendali. Ecco perché la ricerca e selezione di un Area Manager rappresenta un momento fondamentale e delicato per l’azienda, che deve saper riconoscere, tra le diverse candidature, quella in grado di garantire competenze a 360° nel settore.
Non si può, pertanto, pensare di trovare la persona adatta a tale ruolo se non con una ricerca mirata, che punti ad accertarsi sia delle caratteristiche legate alle capacità umane che a quelle tecniche. Durante la ricerca e selezione di un Sales Area Manager, infatti, si devono necessariamente prendere in considerazione i seguenti requisiti:
In tal modo chi si candidata per questo ruolo sarà in grado di pianificare, analizzare, monitorare e raccogliere i risultati di un progetto ben definito, che si basa su elementi economici, statistici, esperienza e conoscenza dei mercati in cui opera.
La ricerca e selezione di un Area Manager deve basarsi, tra le altre cose, sulla valutazione delle capacità organizzative dei candidati. Parlare di capacità organizzative può sembrare relativamente semplice ma, naturalmente, questa figura deve essere in grado di operare in maniera differente a seconda delle esigenze aziendali. La programmazione che può essere valida e conveniente per un’azienda, infatti, può rivelarsi infruttuosa per un’altra. In altri casi si può verificare che la programmazione definita per un determinato periodo in una determinata azienda non possa essere applicata per periodi successivi, a causa di una variazione delle necessità o delle strategie aziendali. Proprio per questo motivo, l’Area Manager deve essere in grado di gestire e riconoscere le necessità e le variabili e deve essere sempre pronto a rimodernare un determinato piano organizzativo a seconda dell’evoluzione dell’azienda o dell’ambiente esterno all’azienda stessa, ossia dei competitors o delle nuove esigenze dei clienti.
Può sembrare inutile e tuttavia è fondamentale sottolineare che durante la ricerca e selezione di un’Area Manager vanno valutate le capacità manageriali del candidato. Questo ruolo, infatti, in quanto manageriale, necessità di persone in grado di trainare un gruppo di venditori, creando un ambiente che garantisca la crescita umana e professionale di tutti quanti lavorano sotto le sue direttive, promuovendo attività continue di aggiornamento e formazione. Secondo la necessità delle aziende moderne, il Manager saprà comprendere le attitudini dei propri venditori, stimolandone i punti di forza per incrementare la produttività e la soddisfazione personale. Leader e non capo, l’Area Manager sarà in grado di motivare il proprio team per creare un ambiente di lavoro in cui si riesca a lavorare in maniera serena e competitiva verso l’esterno, senza stress e dannose competizioni o invidie interne.
Oggi, qualsiasi figura professionale che abbia a che fare con la vendita non può non essere aggiornata e seguire con attenzione gli sviluppi delle nuove tecniche di marketing. Quando ci si occupa di ricercare e selezionare un Area Manager non si può prescindere dal valutare le competenze del candidato in questo settore, così come gli interessi personali che mostra verso l’argomento del marketing e della vendita. Va infatti sempre ricordato che quando si parla di marketing e vendita si parla di un settore in rapida evoluzione, soprattutto in questi ultimi anni, in cui la rete è diventata un modo rapido e conveniente per vendere e comprare prodotti e servizi. La figura ideale dell’Area Manager è pertanto quella che oltre a evidenziare un’ampia conoscenza nel settore è in grado di aggiornarsi costantemente sulle diverse tecniche di vendita e marketing e sui suoi impieghi per poter trovare sempre quelle più idonee alle necessità aziendali.
Naturalmente, a seconda del tipo di azienda e soprattutto della presenza di clientela straniera, può essere richiesta la conoscenza di una o più lingue (non necessariamente solo l’inglese). In molte aziende che operano con le nuove potenze commerciali sono infatti necessarie competenze linguistiche diverse, come il cinese, il russo, l’arabo anche se, come si può facilmente comprendere, l’inglese resta il passpartout per la comunicazione con quasi tutto il mondo del commercio internazionale. Proprio per questo motivo la selezione di questa figura professionale non può prescindere dalla valutazione della conoscenza di una o più lingue straniere.
In molti casi può sembrare superfluo parlare di competenze informatiche quando ci si sta occupando della ricerca e selezione di un Area Manager. Oggi, tutti sanno utilizzare un computer e, tuttavia, avere competenze informatiche è diverso dal saper semplicemente utilizzare un computer. Quello che viene richiesto ad una figura manageriale del genere è la competenza nell’utilizzo di programmi specifici per la vendita (come ad esempio CRM) e di programmi specifici per l’analisi e la statistica che permettono di valutare i dati relativi alle vendite.
Nella ricerca e selezione di un Area Manager uno dei punti da prendere fortemente in considerazione è l’esperienza pregressa del candidato. Questo ruolo manageriale, infatti, prevede elevate responsabilità, dipendenti da un gran numero di fattori, che vanno dal saper organizzare a realizzare un piano commerciale al sapere gestire l’attività di dipendenti e venditori, dal monitoraggio e la valutazione dei punti di forza a quelli deboli e molto altro ancora. Proprio per questo motivo è fondamentale saper mostrare non solo un CV di tutto rispetto, ma anche un’esperienza pregressa specifica, soprattutto quando si opera in mercati di nicchia o esteri. Per questo motivo, nella ricerca e selezione di un Area Manager in alcuni casi una maggiore esperienza maturata nel campo o in settori simili può essere più idonea rispetto a qualche conoscenza teorica in più ma poca esperienza pratica. Si tratta, naturalmente, di aspetti da valutare a seconda dei casi, ossia dei candidati e delle necessità specifiche dell’azienda.
Ci auguriamo che questo articolo sia stato di vostro gradimento e per ulteriori chiarimenti potete sempre scriverci a: in**@ea********.it.